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  • Green Economy

    Green Economy

    Green Economy: che cos’è?

    La Green Economy è, secondo le Nazioni Unite, un’economia a “basse emissioni”, un’economia in grado di essere efficiente nell’uso delle risorse ed inclusiva.

    Tutto quello che c’è da sapere

    La Comm. 363 del 20 Giugno 2011 definisce la Green Economy “un’economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la povertà, investendo e salvaguardando le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta.”

    Green Economy per le Nazioni Unite

    L’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ha spiegato in questo modo il concetto di Green Economy:

    un’economia che produce benessere umano ed equità sociale, riducendo allo stesso tempo i rischi ambientali e le scarsità ecologiche. Nella sua espressione più semplice, un’economia verde può essere pensata come un’economia a basse emissioni di anidride carbonica, efficiente nell’utilizzo delle risorse e socialmente inclusiva”.

    Dunque, la Green Economy non è un concetto astratto. Rappresenta un modello economico applicabile in ogni settore. Per questo modello economico, la crescita del reddito e dell’occupazione sono guidati da investimenti pubblici e privati per:

    • ridurre l’inquinamento
    • aumentare le energie rinnovabili
    • rendere più efficienti le risorse
    • tutelare la biodiversità

    Ovviamente, questi investimenti devono avere a supporto riforme politiche e regole differenti da parte della macchina governativa.

    Per la Green Economy è necessario partire da un’analisi econometrica del sistema. Bisogna tener conto dell’impatto ambientale, dei potenziali danni creati all’intero ciclo di produzione.

    Gli eventuali danni, infatti, si ripercuotono anche sulla riduzione del PIL.

  • DL Semplificazioni

    DL Semplificazioni

    DL Semplificazioni: StartUp e PMI innovative, cosa c’è da sapere

    Quali sono gli ultimi decreti relativi alle startup e PMI innovative? In questo articolo parleremo del DL Semplificazioni. 

    Il DL Semplificazioni ha ritoccato le disposizioni in materia di StartUp e PMI innovative.

    Sono diminuiti gli adempimenti che vengono richiesti per mantenere le agevolazioni che vengono concesse a queste categorie di imprese.

    Leggi l’articolo sul Decreto Legge Semplificazioni “Tutto quello che c’è da sapere sul Decreto Legge Semplificazioni”.

    Fra le misure incluse in questo nuovo DL, entrato in vigore il 13 Febbraio 2019, ce ne sono alcune per semplificare gli obblighi informativi a carico di StartUp e PMI innovative e dunque rendere più veloci e facili gli adempimenti necessari per mantenere le agevolazioni.

    Novità per le StartUp innovative

    Scopri tutte le notività di questo decreto. Il DL Semplificazioni per StartUp e PMI innovative ha introdotto nuove misure.

    In particolare, è stato eliminato l’obbligo che avevano le StartUp e gli incubatori di aggiornare e pubblicare le informazioni per l’iscrizione alla sezione speciale del registro delle imprese.

    Il rappresentante legale della StartUp, dunque, può attestare che continua ad avere requisiti costitutivi non solo entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, ma anche entro un nuovo termine: 7 mesi, in caso di bilancio consolidato o quando ci sono esigenze particolari della società.

    Novità per le PMI innovative

    Il Decreto Legge Semplificazioni in merito alle PMI innovative, dunque, snellisce anche il compito delle PMI per gli adempimenti burocratici.

    Anche nel caso delle PMI innovative, infatti, è possibile che il rappresentante legale attesti il mantenimento dei requisiti costitutivi dell’impresa entro 6 mesi dalla chiusura di ogni esercizio.

    Ulteriore agevolazione è la possibilità di aumentare il termine di presentazione dell’attestazione a 7 mesi nel caso di redazione di bilancio consolidato. Ossia: quando esigenze particolari relative alla società richiedono tale proroga.

  • Smart mobility

    Smart mobility

    Smart mobility: nasce un’assicurazione sulle persone

    La Smart Mobility è un prodotto che viene incontro ai bisogni di assistenza e copertura assicurativa di cui necessitano soprattutto:

    • i giovani
    • gli abitanti delle aree metropolitane
    • professionisti che fanno trasferte di lavoro di breve-media distanza e che utilizzano più mezzi per farlo

    Un aspetto della Mobilità Smart

    Nell’era dell’intermobilità e della sharing economy, si stanno pensando soluzioni che proteggano le persone, piuttosto che gli autoveicoli.

    Allianz Partners da poco ha presentato MyMobility, una soluzione che permette di avere massima libertà di spostarsi, restando coperti dalla polizza assicurativa.

    Infatti, l’app che si configura tra i modelli di Smart Mobility prevede la possibilità di viaggiare con diversi mezzi di trasporto in sicurezza e sapendo di avere una protezione personalizzata.

    Ciò si afferma grazie all’aumento, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, del trasporto alternativo: non è più una novità usufruire di servizi che mettono in connessione diverse persone che viaggiano verso un unico luogo e condividono l’automobile, né tantomeno è difficile trovare persone che affittano per brevi periodi delle automobili.

    Sorgeva proprio su queste basi il bisogno di teorizzare una nuova tipologia di assicurazione: MyMobility, che protegge l’utente in base al piano da lui scelto.

    Che cos’è MyMobility e come funziona

    MyMobility è una soluzione di instant insurance che è nata per riuscire ad essere aderente alle nuove esigenze di mobilità condivisa.

    Allianz con questo prodotto vuole spostarsi dalla protezione del bene alla protezione della persona e le sue esigenze.

    La Smart Mobility di MyMobility usa una customer experience interamente digitale. Offre la possibilità ai suoi utenti di personalizzare completamente la propria polizza assicurativa: non si sceglie più solamente i mezzi di trasporto che devono essere coperti dalla polizza assicurativa, ma si può anche definire in modo personalizzato gli ambiti su cui si desidera essere coperti dall’assicurazione, la persona coperta dall’assicurazione, i familiari o addirittura la stessa abitazione.

    Dunque, la Smart Mobility consente di viaggiare sereni e al riparo dagli imprevisti.

    MyMobility offre anche un’altra interessante opportunità: pagare solo per i servizi assicurativi di cui si ha realmente bisogno. Permette, infatti, anche di acquistare la copertura assicurativa anche per un solo giorno.

    Come si fa?

    Basterà accedere al sito web di Allianz dedicato alla Smart Mobility, scegliere il proprio pacchetto di protezione assicurativa, visionare istantaneamente il preventivo ed effettuare il pagamento.

    La Smart Mobility in condivisione

    La Smart Mobility, dunque, si viene incontro alle persone e alle loro nuove esigenze.

    Sempre più spesso le persone sentono il bisogno di pagare per l’utilizzo, per un prodotto che gli è cucito addosso e che sia digitale.

    La Smart Mobility viene incontro all’utente, soddisfacendone queste esigenze.

  • Programma Italia StartUp Visa

    Programma Italia StartUp Visa

    Programma Italia StartUp Visa: cos’è e come accedervi

    Il Programma Italia StartUp Visa è un programma lanciato dal Ministero dello Sviluppo Economico il 24 Giugno del 2014.

    Programma Italia StartUp Visa: A chi si rivolge?

    Il Programma Italia StartUp Visa è rivolto a tutti gli imprenditori extra UE che vogliono avviare una StartUp Innovativa in Italia.

    Inoltre, prevede una procedura nuova e semplificata per concedere visti di lavoro autonomo.

    La procedura

    La procedura prevista per l’apertura di una StartUp innovativa in Italia da parte di imprenditori che risiedono in un paese extra UE è:

    • rapida, infatti termina entro 30 giorni dall’invio della candidatura
    • centralizzata, ruota intorno ad un comitato che rappresenta l’intero mondo dell’innovazione ed è coordinata dal MISE
    • gratuita
    • completamente online

    Il sito del programma è sempre legato al MISE.

    Italia StartUp Hub

    Il 23 Dicembre 2014 è stato lanciato Italia StartUp Hub, un programma che rende applicabile la procedura semplificata del Programma Italia StartUp Visa anche ai cittadini non UE che hanno già la residenza in Italia.

    Questi, però, devono essere già in possesso di regolare permesso di soggiorno e devono voler restare in Italia per avviare una StartUp innovativa.

    Tuttavia, la procedura Italia StartUp Hub dà la possibilità di convertire un permesso di soggiorno ottenuto per motivazioni differenti (come un permesso di soggiorno per studio) in un “permesso per il lavoro autonomo StartUp”.

    Questa conversione del permesso di soggiorno avviene senza doversi spostare dal territorio italiano.

    Si continua a godere delle stesse modalità veloci e semplici del Programma StartUp Visa.

    Monitoraggio del Programma StartUp Visa

    Il Programma StartUp Visa ed il programma Italia StartUp Hub prevedono un monitoraggio costante da parte del MISE.

    Ogni trimestre viene pubblicato un rapporto periodico.

    Il rapporto rende conto di tutte le candidature, della provenienza dei candidati, delle nuove imprese avviate grazie ai due programmi.

    Formazione per gli imprenditori

    A Settembre 2016 sono stati offerti dei webinar (ovvero dei seminari online) a tutti i partecipanti del Programma Italia StartUp Visa.

    In questi webinar sono raccontati alcuni temi fondamentali per gli imprenditori innovativi che vogliono avviare una StartUp innovativa in Italia.

    I webinar sono stati organizzati dal Ministero dello Sviluppo Economico insieme ad Invitalia.

    Hanno partecipato esperti del settore ed esponenti di rilievo sul piano dell’innovazione in Italia.

    I video sono consultabili da sul canale Youtube di Invitalia.

    I temi trattati sono stati:

    • Webinar n. 1- Italian Startup Act and other public initiatives for innovative startups
    • Webinar n. 2 – The Italian startup ecosystem, in the words of its key players
    • Webinar n. 3 – Making sense of the Italian legal system: a presentation on corporate, tax and immigration law
  • Open Innovation

    Open Innovation

    Open Innovation: che cos’è e perché tutti vogliono applicarla

    L’Open Innovation è un modello di innovazione individuato da uno studioso economista della California, Henry Chesbrough.

    Grazie al modello Open Innovation, le aziende possono avvalersi dell’aiuto di partner esterni, come fornitori, Università o StartUp.

    Ormai l’Open Innovation è diffusa da oltre 25 anni, ma in Italia ha iniziato a prendere piede concretamente solo negli ultimi anni.

    Questa pratica d’innovazione permette una trasformazione dell’azienda sia al suo interno, sia nei rapporti con l’esterno.

    L’Open Innovation, pertanto, si può definire come un nuovo approccio strategico e culturale. Grazie a questo tipo di approccio differente ed innovativo, le imprese non si rivolgono solo alle risorse interne per creare più valore ed essere più competitive sul mercato. Inizieranno ad interfacciarsi, infatti, con idee, soluzioni, competenze e strumenti forniti da altri soggetti, come StartUp, Università, Istituti di Ricerca, Fornitori, Programmatori, Consulenti.

    Il primo a definire l’Open Innovation: Henry Chesbrough

    Il primo che ha fornito una definizione dell’Open Innovation è stato Henry Chesbrough, economista e scrittore statunitense.

    Henry Chesbrough è anche Faculty Directr del Garwood Center for Corporate Innovation in California.

    L’economista Chesbrough ha riflettuto su come la globalizzazione abbia reso più costosa e rischiosa la Ricerca e Sviluppo. Questo è derivato dal fatto che il ciclo di vita dei prodotti è diventato molto più breve.

    Dunque, ha teorizzato la “closed innovation”: una ricerca fatta all’interno dell’impresa non è più sufficiente, nonostante le aziende abbiano paura di non essere più le sole proprietarie delle invenzioni.

    In tal modo, ha avviato l’apertura delle aziende al dialogo con l’esterno per apportare, unendo le forze di più parti, innovazioni migliori e più forti per i propri prodotti.

    L’Open Innovation, nonostante sia stata teorizzata venticinque anni fa, solo con il tempo è riuscita ad entrare in gran parte delle aziende mondiali. Infatti, c’è stato bisogno di “abbattere” la resistenza culturale che avevano gli imprenditori, per convincerli della funzionalità di questo nuovo modo di fare innovazione in azienda.

  • Chief Philosophy Officer

    Chief Philosophy Officer

    Chief Philosophy Officer: chi è e di cosa si occupa

    Perchè parliamo di manager filosofi? In questo articolo vediamo chi è il chief philosophy officer e di cosa si occupa? 

    Chief Philosophy Officer: i filosofi che diventano manager d’azienda

    Ci si è chiesto spesso quale fosse il ruolo dei filosofi nel mondo moderno. Nell’era digitale, la filosofia entra in azienda con delle figure manageriali.
    Già dal 2018, negli Stati Uniti sono stati assunti tanti laureati in filosofia per ricoprire incarichi di leadership all’interno delle aziende tecnologiche.
    A dare l’avvio a questa tendenza è stato Google che ha delineato la figura di Chief Philosophy Officer. Sempre più aziende, sulla scia di Google, hanno costituito nel loro organico questa figura manageriale.
    Il filosofo è tornato alla ribalta.

    Chief Philosophy Officer in Italia

    Si prevede che il 2019 sia l’anno che porterà il Chief Philosophy Officer anche in Italia. Come spesso avviene, in Italia le aziende seguono, con qualche mese di ritardo, le innovazioni apportate negli Stati Uniti, facendole proprie.
    È, dunque, altamente probabile che nel prossimo futuro i laureati in filosofia anche in Italia potranno rappresentare figure manageriali all’interno delle aziende.

    Di cosa si occupa il Chief Philosophy Officer

    Il filosofo assunto in azienda come Chief Philosophy Officer lavora affinché ci si ponga delle domande differenti dalla mera risoluzione dei problemi.
    Grazie all’aiuto del manager filosofo, infatti, le aziende vengono portate a riflettere sul perché dovrebbero produrre un prodotto piuttosto che un altro, sul perché dovrebbero essere scelti e così via. Viene così spostata l’attenzione dal materiale ai valori del cosa è giusto fare.
    Il Chief Philosophy Officer, inoltre, è chiave di volta per apportare innovazione nell’azienda. Saper riconoscere corsi e ricorsi storici permette di anticipare le tendenze del mercato e divenire leader di settore.

    Raffaele Tovazzi: il primo filosofo esecutivo italiano

    Raffaele Tovazzi, italiano a Londra, è un filosofo, imprenditore e comunicatore.

    Si autodefinisce “primo filosofo esecutivo italiano” e ha creato un movimento che si chiama “Filosofia esecutiva”.

    Tovazzi spiega che il filosofo esecutivo si occupa di affiancare professionisti, manager e imprenditori che vogliono fare innovazione.

    Per riuscire a fare innovazione in un settore c’è bisogno di due componenti:

    • Capacità di riconoscere i corsi e ricorsi storici per anticipare le tendenze di mercato
    • Conoscere la neurologia umana e l’influenza del linguaggio sul pensiero e quindi sul comportamento di singoli individui o masse